VENT’ANNI DI LAVORI (1479-1499) E LA TREGUA CON I
TURCHI
Proprio quando si avviava la costruzione della nuova
fortezza di Gradisca, la Repubblica di Venezia riuscì, cedendo la città di
Scutari, a ottenere dall'lmpero ottomano una tregua ventennale, con cui
cessava, almeno temporaneamente, il pericolo delle incursioni turche in Friuli.
Non per questo le opere si interruppero, anzi, il
governo mostrava un particolare interesse a che si compissero nel minor tempo
possibile e incentivava in tutti i modi l'insediamento dei civili e la
costruzione di case entro la cittadella, continuando ad ignorare le proteste
del conte di Gorizia, da una parte, e del Capitolo di Aquileia, dalI'altra, per
l'occupazione e lo sfruttamento di terre a loro avviso escluse dalla
giurisdizione veneta.
A conferma dell'importanza affidata a Gradisca dal
Senato veneziano, leggiamo in un documento del 1481 che ad essa era stato
destinato un Provveditore (il primo fu Francesco Tron) e che si tenevano in
particolare conto le esigenze della vita civile, come dimostra la fondazione,
nello stesso anno, di una chiesa assegnata ai Servi di Maria (ora chiesa della
B.V. Addolorata).
Nel 1481 era terminata la costruzione della rocca,
che secondo alcuni storici corrispondeva all’attuale castello, mentre per altri
si trovava nella posizione dell’attuale Borgo Mercaduzzo. La
costruzione delle mura, invece, richiese ancora molti anni.
Dopo i primi tempi, infatti, i lavori subirono un
certo rallentamento, soprattutto a causa delle difficoltà finanziarie. Inoltre
anche il popolamento della fortezza avveniva a rilento, data l’esistenza di
molti vincoli e la disponibilità di spazi esigui per le abitazioni e per gli
orti. Per permettere le manovre delle truppe, infatti, le strade della
cittadella erano piuttosto larghe e disposte a scacchiera sul modello dell’accampamento
militare romano.
Per almeno una quindicina d'anni dopo la fondazione
non si registrano eventi importanti nella storia di Gradisca. Essa tornò ad
essere al centro dell'attenzione del governo veneto, quando stava per scadere
la tregua coi Turchi e molti segnali facevano presagire iI riaccendersi delle
ostiIità .
Per questo verso il 1497 riprese alacremente la
costruzione delle mura e fu inviato a Gradisca un famoso architetto del tempo,
Giacomo Contrin, con vive raccomandazioni al Luogotenente Giovanni Morosini,
«che la fabbrica senza alcuna dilazione et perdimento de tempo se fazi et cum
ogni presteza se conduche al fine», perché “niuna cosa più è desiderata a
questo tempo» .
Gli abitanti di Gradisca dovettero prepararsi a una
nuova emergenza e liberare le strade della cittadella che ormai erano in buona
parte occupate da orti.
Contrin ebbe l'incarico di chiudere la fortezza
nella parte settentrionale, dove occorreva «tajar el saxo» perché il terreno
era roccioso e costruire una robusta muraglia protetta da due torrioni, uno
rivolto a ovest, detto “della Campana”,
più massiccio, e uno rivolto a nord, detto “di San Giorgio”. In questo
tratto di muro si apriva la Porta d'Alemagna (chiamata, secondo le epoche,
anche Porta di Farra o Porta di Gorizia o Porta Nuova)
Con queste opere la fortezza di Gradisca era
completata. Il suo perimetro corrispondeva a un pentagono irregolare (forma
piuttosto comune in quel periodo) con il vertice rivolto al fiume e gli angoli
rafforzati da torri circolari (sette, tra cui, oltre ai due torrioni già
nominati, i torrioni del Palazzo, della Calcina, della Spiritata, della
Marcella e del Portello); era provvista di due porte (la seconda, aperta sul
lato meridionale, era detta «Porta d'ltalia») e circondata da un fossato.
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