domenica 18 maggio 2014

Il Lapidario, dove si trovano i reperti più preziosi

Nella Loggia dei Mercanti (1), che si trova di fronte all'antica casa del Provveditore Veneto
(ora sede dell'Enoteca, in via C. Battisti) e che fu costruita alla fine del secolo XVII per servire alle contrattazioni e agli incontri d'affari, si trova oggi un piccolo, interessante "museo" costituito dalle lapidi più antiche e importanti di Gradisca, in cui si leggono le date e i protagonisti degli eventi che furono all'origine della fondazione della fortezza.

1 (clicca per ingrandire)
Di grande importanza la lapide (2) che ricorda la nascita di Gradisca come cittadella fortificata per volontà di Venezia, nel 1479. Si legge che in quell'anno, sotto il doge Giovanni Mocenigo (1408-1485), il luogotenente del Friuli Giovanni Emo - col consenso del Senato - fece costruire sul colle di Gradisca una rocca difesa da muro e fossa. L'architetto Enrico Gallo la chiamò "Emopoli" dal nome del suo creatore.
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In questa iscrizione non si fa menzione, però, della ragione per cui si decise di costruire una fortezza a Gradisca, che invece, si può leggere chiaramente nella lapide sottostante (3), che fa chiaramente riferimento al fatto che i Veneti fondarono Gradisca contro il pericolo rappresentato dai Turchi e dalle loro feroci incursioni. Nella parte mancante era ricordato il primo provveditore, Francesco Tron.
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Ed ecco di nuovo citato Francesco Tron (4) primo provveditore della rocca progettata da Enrico Gallo e completata - almeno nella prima parte, come sappiamo - nel 1481. Sappiamo poco di Francesco Tron, membro di una prestigiosa famiglia veneziana e parente di dogi, che però non era solo un politico ma anche un letterato molto colto e raffinato.

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I lavori rallentarono anche perché la Repubblica di Venezia aveva stipulato una tregua ventennale con i Turchi, ma quando stava avvicinandosi la scadenza, nel 1499, ripresero alacremente per completare la fortezza e rafforzare il lato delle mura rivolto a Occidente. Lo ricorda questa lapide del 1498 (5) danneggiata in epoca austriaca, e in origine posta sul torrione della Campana che fu la costruzione più imponente di questa seconda fase diretta dall'architetto bresciano Giacomo Contrino.

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Gli altri reperti conservati sotto la Loggia dei Mercanti sono di epoca successiva, quando Gradisca ormai era passata definitivamente agli Austriaci (che l'avevano conquistata nel 1511), malgrado Venezia, in più occasioni, avesse cercato di riprendere il suo vecchio possedimento. In particolare, sulla parete sinistra (6) si vedono molti stemmi delle famiglie aristocratiche che si insediarono qui dal secolo XVI in poi, i della Torre, ad esempio, che ebbero un ruolo molto importante sia nel Cinquecento, quando fu capitano Nicolò II della Torre (sepolto nel Duomo) sia nel Seicento, con il buon governo di Francesco Ulderico della Torre (statua nel Monte di Pietà).

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L'iscrizione (7) dipinta sulla sommità del muro di fondo ricorda appunto Francesco Ulderico della Torre alla cui iniziativa si dovette anche la costruzione di questa Loggia, nel 1688, a beneficio della cittadinanza.

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Quando usciamo ci troviamo di fronte alla Casa del Provveditore veneto, il più antico edificio pubblico di Gradisca, dove risiedeva il provveditore, cioè il comandante della fortezza a nome della Repubblica di Venezia. Merita anch'essa una visita, perché la struttura edilizia è abbastanza bene conservata.






domenica 4 maggio 2014

Una passeggiata nel centro storico di Gradisca


Il centro attuale della vita gradiscana, e il nostro punto di partenza, è la piazza dell'Unità, caratterizzata dalla presenza del Teatro Comunale, edificio risalente agli anni Trenta che sostituì l’antico teatro di origine settecentesca danneggiato dalla prima guerra mondiale.
Al centro della piazza una colonna col Leone di S. Marco ricorda che Gradisca fu fondata nel XV secolo dalla Repubblica di Venezia. Poco distante un gruppo di pini marittimi e un’aiuola incorniciano il busto del garibaldino gradiscano Marziano Ciotti.


La piazza Unità si allarga in un vasto e bellissimo parco, ricavato dopo la metà del Ottocento nell’area un tempo occupata dai bastioni che circondavano la fortezza. L’ombra di alberi secolari, in particolare ippocastani, rende questo spazio particolarmente piacevole nella stagione estiva, quando i tre caffè che si affacciano sulla piazza, l’”Emopoli”, il “Centrale” e “il Teatro” dispongono sedie e tavolini all’aperto.
Il parco si anima specialmente il martedì e il sabato mattina, giornate in cui lungo i viali si tiene il mercato.



Dalla piazza si dipartono le quattro vie che costituivano il cuore dell’antica fortezza di Gradisca, di cui si conserva solo una parte della cinta muraria, quella rivolta verso il fiume. Per capire la struttura della città è utile darle uno sguardo dall'alto. Come si vede, ha mantenuto la forma quasi pentagonale dell'antica cittadella e il reticolo stradale regolare che era stato progettato in funzione della vita miliare e dei movimenti delle truppe. In basso a destra si vede una parte del parco creato nell'area degli antichi bastioni. 



Lasciando piazza Unità a destra del Teatro, si imbocca la prima delle quattro vie attorno a cui si distribuisce il centro storico, la via Marziano Ciotti, fiancheggiata da edifici di notevole interesse costruiti tra la fine del '500 e il '700: poco dopo l’inizio, a destra, c’è il palazzo de Fin-Patuna, del ‘700, dove pernottò Napoleone, il 20 marzo 1797, dopo la conquista della fortezza.


Il palazzo appartenne a una famiglia di lontana origine greca di cui fecero parte non solo comandanti militari e scienziati, ma anche, in tempi più recenti, nel secolo XX, studiosi di antichità, di storia ed arte, collezionisti e storiografi, a cui si deve la raccolta di buona parte delle conoscenze sulle origini e lo sviluppo della città.
 

Più avanti a sinistra il massiccio palazzo Strassoldo-de Pace-Mistruzzi, che porta il nome di Riccardo di Strassoldo, colui che, per conto degli Asburgo, fu il valoroso difensore della fortezza quando Venezia scatenò la cosiddetta "guerra gradiscana" (1615-1617) per riconquistare il suo antico possedimento. Il palazzo ha un aspetto severo e imponente, ma presenta caratteri di notevole qualità architettonica.



Poco più in là, sullo stesso lato, si trova il palazzo Torriani (ora sede municipale) costruito tra
la metà del '600 e l'inizio del '700 da una famiglia che dette a Gradisca due illustri capitani, Nicolò II della Torre (1489-1557) e Francesco Ulderico della Torre  (1629-1695).
Il palazzo, che risente di influenze palladiane, si apre nella parte posteriore su un'elegante corte, attigua al Duomo dei SS. Pietro e Paolo, dove, nell'antica Cappella Torriana, si trova il sarcofago di Nicolò II della Torre


Palazzo Torriani ospita nell’ala destra la Galleria d'arte contemporanea "Luigi Spazzapan", piccolo ma interessante museo d’arte moderna in cui è esposta la collezione di opere di Luigi Spazzapan nato a Gradisca nel 1889, ora di proprietà della Cassa di Risparmio di Gorizia, assieme ad una selezione di dipinti e sculture di altri importanti artisti contemporanei della regione.
In fondo alla via Ciotti sorge la chiesa dell’Addolorata, fondata nel 1481 durante la costruzione della fortezza, ma fortemente danneggiata dalla prima guerra mondiale.


Proseguendo a destra della chiesa si raggiunge dopo qualche centinaio di metri la porta del Castello, complesso fortificato eretto dagli Austriaci nel secolo XVI dopo la conquista della fortezza veneziana di Gradisca. Restaurato in parte, non è visitabile.
Si può fare una passeggiata, invece, lungo le mura venete, costruite a partire dal 1479. Nell’area del castello si possono vedere tre torrioni, quello della Calcina, lungo via Ulderico della Torre, quello della Marcella, nella direzione del ponte sull’Isonzo e quello della Spiritata, poco distante dalla porta del castello. Da qui si gode anche un bel panorama sull’Isonzo e sul Carso.


Per raggiungere il tratto settentrionale della cinta occorre tornare nel centro storico e percorrere la via Battisti, lungo la quale si troveranno altri palazzi importanti: la Casa dei Provveditori Veneti (oggi Enoteca), della fine del ‘400, e, di fronte, la Loggia dei Mercanti del ‘600, che ospita un piccolo lapidario in cui sono raccolte le epigrafi gradiscane.


Alla fine della via si incontra la cinquecentesca Porta Nuova, l’antica “Porta d’Allemagna”, che costituiva una delle due vie d’entrata alla fortezza. Una volta all’esterno si potranno vedere i due torrioni più possenti delle mura gradiscane: a sinistra quello “della Campana” a cui è addossato un edificio residenziale ottocentesco, e a destra quello, meno conservato, “di S.Giorgio”. Anche da questa parte incontriamo un grande parco, chiamato “La Rotonda” e pure ricavato dallo spianamento dei bastioni.


Merita tornare ancora nel centro storico per vedere qualche altro edificio interessante. Il Duomo dei SS.Pietro e Paolo, ad esempio, bell’esempio di barocco locale risalente alla metà del ‘700, con stucchi pregevoli nella cappella di S.Anna. Ancora sul retro di palazzo Torriani troviamo la Biblioteca Comunale mentre il Museo Civico, con documenti sulla storia della fortezza, ora non è visitabile. Ma nella stessa via Bergamas si affacciano anche il palazzo Comelli e la casa Corona, donata nel ‘600 da due nobili per farne un ospizio per gli anziani con l’attigua cappella di S.Giovanni.


Attraverso le Calli Corona o Maccari che collegano trasversalmente le quattro vie principali (dette in origine “rughe”) si può raggiungere la via Dante, dove si trova il bel palazzo del Monte di Pietà, della metà del ‘600, con la facciata ornata da una statua barocca raffigurante la Pietà inserita in una nicchia.
 

Fino agli anni ‘70 era sede del Municipio. Sul lato destro dell’edificio, imboccando la calle Maccari ci si addentra nella zona che un tempo era l’antico Ghetto ebraico, in cui viveva una attiva comunità. Gradisca conserva anche un cimitero ebraico nelle vicinanze di quello cristiano.


Gradisca è caratterizzata da tre tipi fondamentali di abitazioni: i palazzetti del centro storico già descritti, i villini della zona di espansione otto-novecentesca (a cominciare dagli esempi visibili ai margini della piazza Unità, tutti circondati da giardini che rappresentano la continuazione del parco) e le case rurali dei borghi. Questi ultimi, anche se relativamente lontani dal centro cittadino, sono molto antichi e conservano un carattere di insediamento autonomo, con un proprio nome (Tintor, S.M.Maddalena,Trevisan, Basiol, Tonel, Viola, Bidischini, Bruma, Salet, Molamatta) e proprie caratteristiche che derivano dalla persistenza di famiglie e usanze trasmesse di generazione in generazione.

sabato 3 maggio 2014

Storia di Gradisca. 4. La guerra fra Venezia e l'Impero



Dall'ultima incursione turca (1499) ALla guerra fra venezia e massimiliano d'absburgo

Nel 1499, alla scadenza della tregua coi Turchi, le ostilità ripresero, ma Gradisca, a quella data, era ben munita e preparata ad affrontare una nuova incursione.
Tra le truppe concentrate nella fortezza serpeggiava tuttavia una grande paura. Le notizie sul numero dei Turchi che stavano avanzando dalle pianure slave erano impressionanti ed il coraggio dei veneti diminuiva via via che i nemici si avvicinavano. Così, quando furono sotto le mura nessuno volle uscire a combattere e ciò permise a un’orda di decine di migliaia di ottomani di lanciarsi sui villaggi friulani fino al Tagliamento. per poi tornare indietro con un lungo seguito di prigionieri. 

Responsabile di questo gravissimo episodio fu ritenuto il provve­ditore di Gradisca, Andrea Zancani, che si era opposto anche alla volontà di alcuni soldati di portare soccorso ai compatrioti in catene, di­cendo, come fu poi ricordato nei “Diari” di Marin Sanudo, «No vogio farme amazar»: per questo infame comportamento egli fu in seguito processato e bandito dal Friuli.
L'episodio servì, comunque, a dimo­strare che la protezione della linea dell'lson­zo rimaneva ancora insufficiente. Ad aggravare la situazione si era aggiunta nel frattempo l'inten­zione dell'impera­tore Massimiliano d'Absburgo di estendere i suoi domini verso la terraferma veneta, aumentando il pericolo di invasione sul confine orientale.
Fu agevolato da una circostanza per lui molto favorevole. Nell’aprile del 1500 morì l’ultimo conte di Gorizia, legatissimo alla casa d’Austria e i suoi possedimenti passarono automaticamente agli Asburgo, portando il confine dell’Impero a ridosso della Repubblica di Venezia e creando uno stato di tensione permanente.

Nello stesso anno il Senato veneto fece un ulteriore tentativo di migliorare le difese dell'lsonzo. Inviò sul posto addirittura Leonardo da Vinci, che si trovava a Venezia esule da Milano. Interpellato per valutare le fortificazioni costruite sul fiume, egli (che ricordò quest'esperienza in un passo del Codice Atiantico) giunse alla conclusione che era molto difficile creare ripari sull'lson­zo «che alfine non sieno ruinati e disfatti dalle inondazioni» e propose, pertanto, la costruzione di una diga mobile - peraltro troppo complessa e costosa e, alla fine, irrealizzabile - che solo all'occorrenza consentisse di allagare la zo­na per impedire il passaggio degli eser­citi.
Di lì a qualche anno scoppiò la prevista guerra tra Venezia e l'imperatore Massimiliano. Nel 1508 questi invase la terraferma veneta scendendo dal Trentino con un forte esercito. Conquistò facilmente un vasto territorio, ma il suo fu un successo di breve durata, perché i Veneti contrattaccarono subito e recupera­rono i loro possedimenti, strappando, anzi, qualche lembo di terra imperiale, come Gorizia, che cadde nelle loro mani nel­I'aprile di quello stesso anno e vi rimase fino all'anno successivo.
Costretto alla tregua, Massimiliano non rinunciò ai suoi propositi e con un grande impegno diplomatico riuscì a procurarsi delle alleanze, con le quali potè stringere la fa­mosa Lega di Cambrai (dicembre 1510) a cui aderirono il papa Giulio II, il re di Francia Luigi Xll, il re Ferdinando d'Arago­na e i duchi di Ferrara, Mantova, Savoia.
Venezia si trovava in una posizione di estrema debolezza, ma l'im­peratore non riuscì ugualmente nell'intento di fare larghe conquiste; riebbe, però,  i terri­tori occupati dai Veneti e si impadronì an­che di alcuni loro possedimenti, tra cui la fortezza di Gradisca, che, violentemente attaccata nel settembre 1511, e senza  collegamenti col resto dell'eserci­to, nonostante una strenua re­sistenza non resse all'urto degli incessanti bombardamenti e, anche per lo scoppio di una pestilenza all'interno, fu co­stretta ad arrendersi.
Inutilmente Venezia cercò di riconquistarla, sia immediatamente dopo, sia nel corso degli anni; si può dire che la Re­pubblica si sia arresa alla sua perdita solo alla fine del ‘500, quando fondò a poca distanza la fortezza di Palma. Non mancarono, però, an­che in seguito occasioni per ten­tarne la riconquista.
La guerra fra Venezia e l'Impero si conclu­se con la pace di Worms, nel 1521, quando Massimiliano era già morto e gli era suc­cesso Carlo V, ma la questione dei confini rimase irrisolta ed avrebbe costituito mo­tivo di ulteriori, interminabili trattative di­plomatiche.

Storia di Gradisca. 3. I lavori di costruzione (1479-1499) e la tregua coi Turchi



VENT’ANNI DI LAVORI (1479-1499) E LA TREGUA CON I TURCHI

Proprio quando si avviava la costruzione della nuova fortezza di Gradisca, la Repubblica di Venezia riuscì, cedendo la città di Scutari, a ottenere dall'lmpero ottomano una tregua ventennale, con cui cessava, almeno temporaneamente, il pericolo delle incursioni turche in Friuli.
Non per questo le opere si interruppero, anzi, il governo mostrava un particolare interesse a che si compissero nel minor tempo possibile e incentivava in tutti i modi l'insediamento dei civili e la costruzione di case entro la cittadella, continuando ad ignorare le proteste del conte di Gorizia, da una parte, e del Capitolo di Aquileia, dalI'altra, per l'occupazione e lo sfruttamento di terre a loro avviso escluse dalla giurisdizione veneta.
A conferma dell'importanza affidata a Gradisca dal Senato veneziano, leggiamo in un documento del 1481 che ad essa era stato destinato un Provveditore (il primo fu Francesco Tron) e che si tenevano in particolare conto le esigenze della vita civile, come dimostra la fondazione, nello stesso anno, di una chiesa assegnata ai Servi di Maria (ora chiesa della B.V. Addolorata).

Nel 1481 era terminata la costruzione della rocca, che secondo alcuni storici corrispondeva all’attuale castello, mentre per altri si trovava nella posizione dell’attuale Borgo Mercaduzzo.  La  costruzione delle mura, invece, richiese ancora molti anni.
Dopo i primi tempi, infatti, i lavori subirono un certo rallentamento, soprattutto a causa delle difficoltà finanziarie. Inoltre anche il popolamento della fortezza avveniva a rilento, data l’esistenza di molti vincoli e la disponibilità di spazi esigui per le abitazioni e per gli orti. Per permettere le manovre delle truppe, infatti, le strade della cittadella erano piuttosto larghe e disposte a scacchiera sul modello dell’accampamento militare romano.
Per almeno una quindicina d'anni dopo la fondazione non si registrano eventi importanti nella storia di Gradisca. Essa tornò ad essere al centro dell'attenzione del governo veneto, quando stava per scadere la tregua coi Turchi e molti segnali facevano presa­gire iI riaccendersi delle ostiIità .
Per questo verso il 1497 riprese alacremente la costruzione delle mura e fu in­viato a Gradisca un famoso architetto del tempo, Giacomo Contrin, con vive rac­comandazioni al Luogotenente Giovanni Morosini, «che la fabbrica senza alcuna dilazione et perdimento de tempo se fazi et cum ogni presteza se conduche al fine», perché “niuna cosa più è desiderata a questo tempo» .

Gli abitanti di Gradisca dovettero prepararsi a una nuova emergenza e liberare le strade della cittadella che ormai erano in buona parte occupate da orti.
Contrin ebbe l'incarico di chiudere la for­tezza nella parte settentrionale, dove occorreva «tajar el saxo» perché il terreno era roccioso e costruire una robusta muraglia protetta da due torrioni, uno rivolto a ovest, detto “della Campana”,  più massic­cio, e uno rivolto a nord, detto “di San Giorgio”. In questo tratto di muro si apriva la Porta d'Alemagna (chiamata, secondo le epoche, anche Porta di Farra o Porta di Gorizia o Porta Nuova)
Con queste opere la fortezza di Gradisca era completata. Il suo perimetro corri­spondeva a un pentagono irregolare (forma piuttosto comune in quel periodo) con il vertice rivolto al fiume e gli angoli raffor­zati da torri circolari (sette, tra cui, oltre ai due torrioni già nominati, i torrioni del Pa­lazzo, della Calcina, della Spiritata, della Marcella e del Portello); era provvista di due porte (la seconda, aperta sul lato me­ridionale, era detta «Porta d'ltalia») e cir­condata da un fossato.

Storia di Gradisca. 2. La fondazione di una fortezza veneta sull'Isonzo



LA FONDAZIONE DI UNA FORTEZZA VENETA SULL’ISONZO

La pressione dei Turchi costituiva per Venezia un problema gravissimo. Essi erano giunti per la prima volta nel suo territorio nel 1472, varcando i passi del Carso; avevano superato senza difficoltà il fiume Isonzo e corso poi in lungo e in largo per tutta la pianura, incendiando villaggi, facen­do stragi tra i contadini e tor­nando indietro carichi di bottino e di prigionieri.

Le truppe venete dislocate sul territorio non erano preparate a fronteggiare attacchi di questo furore e di questa rapidità, per cui il problema richiese delle misure adeguate da parte della Repubblica. Fu deciso di concentrare tutte le forze sulla linea dell’Isonzo, che rappresentava il confine naturale, e la si fortificò scavando una lunga trincea protetta da terrapieno e paliz­zate e sor­vegliata da tre forti, il più settentrionale po­sto all'altezza della localita Mainiz­za (dove l'lsonzo riceve il suo affluente Vipacco, la cui valle era una possibile via d'accesso dei Turchi), quello centrale a Gra­disca ed il terzo, l'unico sulla riva sinistra, a Fogliano.
I lavori di fortificazione iniziarono nel 1473, sotto il controllo di colui che probabilmen­te era l'autore del progetto,  Cit­tadino della Frattina,  e proseguirono piuttosto speditamente, poiché già l'anno dopo il Senato ordinò che le truppe sparse per il Friuli si concentrassero nella fortezza costruita lungo l’Isonzo “già per la maggior parte fatta”. Con lo stesso provvedimento fu prescritto a tutto coloro che avevano proprietà in Friuli di contribuire alle spese per le fortificazioni, poiché quel «be­neficio era universale».
Le truppe concentrate sul fiume Isonzo ven­nero subito accuratamente addestra­te e fornite di un congruo armamento ma quan­do, nell'ottobre 1477, i Turchi comparvero nuovamente e, aggirando l'osta­colo delle fortificazioni, sorpresero i Veneti alle spalle, si ebbe un'autentica strage, in cui morì anche uno dei comandanti, il conte veronese Gerolamo Novello.
La nuova barriera difensiva dell'lsonzo evidentemente era ancora insufficiente a contenere la violenza dei Turchi, per cui si rendeva necessario un intervento ben più massiccio. Furono inviati sul posto quattro prov­veditori (Domenico Giorgio, Can­diano Bollani, Giovanni Emo e Zaccaria Bar­baro) coll'incarico di studiare un nuovo progetto. Ne risultò un piano abbastanza complesso che prevedeva la costruzione di una doppia strada fra le le cittadelle di Gradisca e Fogliano, e il potenziamento del presidio di Gradisca, collocato nella posizione più favorevole, anche per la presenza di un’altura, sia pure poco elevata. I progettisti incaricati dell’esecuzione erano Enrico Gallo e Giovanni Bo­rella, allora impegnati nella costruzione delle  fortifi­cazioni di Brescia.
Essi giunsero a Gradisca all'inizio del 1479, e iniziarono subito, sotto la guida di Giovanni Emo, di­venuto intanto Luogotenente del Friuli, i lavori per l’edificazione delle mura.
Emo ebbe parte molto importante in quest'impre­sa  tanto che uno dei  due architetti propose per la nuova fortezza il no­me di “Emopoli”, come ricorda un’altra delle epigrafi tuttora conservate: ANNO SAL MCCCCLXXIX IOANNI MOCE PRINCIPE IOAN HEMUS IULIENSIUM PRAETOR M,E­RITISS GRADISCAE TUMULUM CONSENSU PATRUM MURO ET FOSSA MUNIENDUM CURAVIT HENRICUS GALLUS ARCHITECTUS AB AUCTORE HEMOPOLIUM AUSPICATISSI­ME NOMINAT. La denomina­zione in suo onore inventata dall'architet­to però non entrò mai in uso e la località continuò ad essere chiamata Gra­disca .