Nel 1499, alla scadenza della tregua coi Turchi, le ostilità ripresero, ma Gradisca, a quella data, era ben munita e preparata ad affrontare una nuova incursione.
Tra le truppe concentrate nella fortezza serpeggiava tuttavia una grande paura. Le notizie sul numero dei Turchi che stavano avanzando dalle pianure slave erano impressionanti ed il coraggio dei veneti diminuiva via via che i nemici si avvicinavano. Così, quando furono sotto le mura nessuno volle uscire a combattere e ciò permise a un’orda di decine di migliaia di ottomani di lanciarsi sui villaggi friulani fino al Tagliamento. per poi tornare indietro con un lungo seguito di prigionieri.
Responsabile di questo gravissimo episodio fu ritenuto il provveditore di Gradisca, Andrea Zancani, che si era opposto anche alla volontà di alcuni soldati di portare soccorso ai compatrioti in catene, dicendo, come fu poi ricordato nei “Diari” di Marin Sanudo, «No vogio farme amazar»: per questo infame comportamento egli fu in seguito processato e bandito dal Friuli.
L'episodio servì, comunque, a dimostrare che la protezione della linea dell'lsonzo rimaneva ancora insufficiente. Ad aggravare la situazione si era aggiunta nel frattempo l'intenzione dell'imperatore Massimiliano d'Absburgo di estendere i suoi domini verso la terraferma veneta, aumentando il pericolo di invasione sul confine orientale.
Fu agevolato da una circostanza per lui molto favorevole. Nell’aprile del 1500 morì l’ultimo conte di Gorizia, legatissimo alla casa d’Austria e i suoi possedimenti passarono automaticamente agli Asburgo, portando il confine dell’Impero a ridosso della Repubblica di Venezia e creando uno stato di tensione permanente.
Nello stesso anno il Senato veneto fece un ulteriore tentativo di migliorare le difese dell'lsonzo. Inviò sul posto addirittura Leonardo da Vinci, che si trovava a Venezia esule da Milano. Interpellato per valutare le fortificazioni costruite sul fiume, egli (che ricordò quest'esperienza in un passo del Codice Atiantico) giunse alla conclusione che era molto difficile creare ripari sull'lsonzo «che alfine non sieno ruinati e disfatti dalle inondazioni» e propose, pertanto, la costruzione di una diga mobile - peraltro troppo complessa e costosa e, alla fine, irrealizzabile - che solo all'occorrenza consentisse di allagare la zona per impedire il passaggio degli eserciti.
Di lì a qualche anno scoppiò la prevista guerra tra Venezia e l'imperatore Massimiliano. Nel 1508 questi invase la terraferma veneta scendendo dal Trentino con un forte esercito. Conquistò facilmente un vasto territorio, ma il suo fu un successo di breve durata, perché i Veneti contrattaccarono subito e recuperarono i loro possedimenti, strappando, anzi, qualche lembo di terra imperiale, come Gorizia, che cadde nelle loro mani nelI'aprile di quello stesso anno e vi rimase fino all'anno successivo.
Costretto alla tregua, Massimiliano non rinunciò ai suoi propositi e con un grande impegno diplomatico riuscì a procurarsi delle alleanze, con le quali potè stringere la famosa Lega di Cambrai (dicembre 1510) a cui aderirono il papa Giulio II, il re di Francia Luigi Xll, il re Ferdinando d'Aragona e i duchi di Ferrara, Mantova, Savoia.
Venezia si trovava in una posizione di estrema debolezza, ma l'imperatore non riuscì ugualmente nell'intento di fare larghe conquiste; riebbe, però, i territori occupati dai Veneti e si impadronì anche di alcuni loro possedimenti, tra cui la fortezza di Gradisca, che, violentemente attaccata nel settembre 1511, e senza collegamenti col resto dell'esercito, nonostante una strenua resistenza non resse all'urto degli incessanti bombardamenti e, anche per lo scoppio di una pestilenza all'interno, fu costretta ad arrendersi.
Inutilmente Venezia cercò di riconquistarla, sia immediatamente dopo, sia nel corso degli anni; si può dire che la Repubblica si sia arresa alla sua perdita solo alla fine del ‘500, quando fondò a poca distanza la fortezza di Palma. Non mancarono, però, anche in seguito occasioni per tentarne la riconquista.
La guerra fra Venezia e l'Impero si concluse con la pace di Worms, nel 1521, quando Massimiliano era già morto e gli era successo Carlo V, ma la questione dei confini rimase irrisolta ed avrebbe costituito motivo di ulteriori, interminabili trattative diplomatiche.
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