L’ Isonzo, il fiume che rappresenta il legame più autentico fra i diversi gruppi etnici che convivono da secoli nel Goriziano, e, nel breve spazio di un centinaio di chilometri, congiunge la montagna al Mare Adriatico, offre dalle sue rive visioni incomparabili, in uno scenario che muta continuamente e genera in tutti stupore per l’eccezionale colore azzurro-turchese delle sue acque limpidissime.
Nascendo in Val Trenta, nelle Alpi Giulie, questo fiume
appartiene per la maggior parte del suo corso alla Slovenia, dove ha il nome di
Soca, mentre scorre in Italia solo il suo tratto di pianura, poco più di
quaranta chilometri.
Esce infatti dalla montagna più o meno all’altezza di
Gorizia e, dopo avere lambito l’altipiano carsico, si distende in un ampio
letto ghiaioso che attraversa il territorio monfalconese per giungere al mare,
dopo ampie curve, nel golfo di Panzano. Riceve dalla riva sinistra le acque del
fiume Vipacco e dalla riva destra quelle del torrente Torre e del fiume Natisone.
Cede le sue acque ad alcuni canali di irrigazione, tra cui il più antico è il
Canale De Dottori, costruito nel 1905 con l’imboccatura all’altezza di Sagrado.
Il nome del fiume è molto antico ed è stato trovato scritto
su un’aretta votiva di epoca romana trovata nelle vicinanze di Farra (località
Mainizza) che riporta la dicitura “Aesontio sacrum”. Si scoperse così la
dedicazione ad Eson, dio celtico dei commerci, delle strade e dei fiumi.
Nello stesso punto esisteva un antico ponte, costruito dai
Romani tra il I e il II secolo sul tracciato della via Gemina che collegava
Aquileia ad Emona (Lubiana). Di qui passarono, però, anche le orde barbariche,
che dal II secolo in poi invasero a più riprese queste terre.
Dopo il 1000, e specialmente in seguito allo sviluppo
medioevale di Gorizia, l’attraversamento del fiume avveniva sul “Ponte del
torrione” costruito all’altezza della città e rimasto in funzione fino al
secolo scorso.
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